martedì 23 aprile 2013

da "Miele" di Ian McEwan

Il mite Giles mi attraeva grazie alle stesse associazioni, ma era Edmund quello che volevo. Che volevo? Per farci un pò di strada. Volevo che Haley analizzasse la mente di Edmund per me, che la scoperchiasse perché potessi ispezionarla, e che me la spiegasse, da uomo a donna. Edmund mi faceva pensare a Max, e a Jeremy. E soprattutto a Tony. Quegli uomini intelligenti, amorali, inventivi, distruttivi, tipi risoluti, egoisti, emotivamente freddi, freddamente attraenti. Credo che all'amore di Gesù preferissi loro. Erano indispensabili, e non solo a me. Senza di loro vivremmo ancora nelle capanne di fango, in attesa di inventare la ruota. La rotazione triennale non avrebbe mai visto la luce. Pensieri assolutamente inconfessabili, all'alba della seconda ondata femminista.

[..]Tutto ciò avrebbe dovuto elettrizzarmi più di quanto non facesse, la quotidianità avrebbe dovuto apparirmi più appassionante. La civiltà minacciata da una guerra nucleare, e io sto a rimuginare su uno sconosciuto che mi ha accarezzato il palmo con il pollice. Mostruoso solipsismo.

Lo immaginai in una tavola calda [..] Ma non riuscivo a vederlo in faccia. Negli ultimi mesi, quando la evocavo, l'immagine svaniva prima di arrivare all'occhio interiore. Forse era per quello che il tormento si era attutito. Oppure, a contrario, l'affievolirsi del mio dolore aveva iniziato a cancellare i suoi tratti.
Ma non la sua voce.  L'orecchio interiore è l'organ più sensibile. Potevo mentalmente riprodurre la voce di Tony come si accende una radio. [..]

In ogni città c'è uno zoccolo duro di persone che non vogliono o non sanno, a volte abbastanza felicemente, passare allo stadio successivo, evolvere.

A un tratto avvertii un improvviso tuffo al cuore, come se mi fossi affacciata sul vuoto da uno strapiombo. Non credevo praticamente più in nulla; non certo nei canti di Natale, ma nemmeno nella musica rock.